Il libro “Il fiume sono io” di Alessandro Tasinato

“Il fiume sono io” è in edicola dal 15 c.m.

Il romanzo verrà presentato in una tournée che coinvolgerà Comuni, biblioteche, associazioni. Per organizzare presentazioni: ufficio.stampa@bottegaerrante.it

Al seguente link si può vedere una scheda di presentazione del libro e sull’autore: il_fiume_sono_io_presentazione  

Date della tournée di presentazione:

* Venerdì 9 marzo ore 18 – PADOVA – Libreria Pangea – via San Martino e Solferino 106. Dialoga con l’autore Ernesto Milanesi, giornalista

* Mercoledì 14 marzo ore 18 – MESTRE – la Feltrinelli – centro commerciale Le Barche – piazza XXVII Ottobre

* Sabato 17 marzo ore 17 – BORGORICCO (PD) – XXXI edizione della Mostra del Libro

* Sabato 7 aprile ore18 – GRANZE (PD) – sala civica comunale

* Venerdì 13 aprile – VICENZA – Libreria Galla

* Mercoledì 19 aprile – PRESSANA (VR) – festa di Primavera

* Venerdì 20 aprile – MESTRE – Spazio Venezia Industriale, Calle Legrenzi, 26.

Si veda anche: https://cultodeiluoghinculti.weebly.com/il-progetto.html , con il seguente testo:
“Nino Franzin ha vissuto la giovinezza in simbiosi con la Rabiosa, il fiume mortalmente inquinato dal distretto conciario di Chiampo-Arzignano e poi interessato dal cantiere dell’Autostrada Valdastico Sud. Gli studi, la laurea, il miraggio di un’importante carriera lo costringono a dare al fiume le spalle. Sarà la vita di un piccolo embrione a fargli incontrare il fiume di nuovo. La Rabiosa, come il più solido degli spessori che compongono la stratigrafia della sua anima, era semplicemente sepolta da inconsistenti impurezze, che un’alluvione asporterà”.

Nella foto: La Rabiosa in una carta del 1747 di Giovanni Pinali (Archivio Storico del Comune di Montagnana).

La Rabiosa raccoglie le acque dai Monti Lessini e le distribuisce nella Bassa Padovana attraverso una rete complessa di canali e di fossi.

Il nome di questo fiume compare nella cartografia a partire dal XVI secolo. Ne sono testimonianza una pergamena conservata presso la Biblioteca Civica di Verona, una carta redatta da Domenico de Rossi nel 1568 e conservata presso la Biblioteca del Museo Correr di Venezia  e, più tardi, una rappresentazione della rete idrografica del 1747 di Giovanni Pinali conservata presso l’Archivio Storico Comunale di Montagnana.

​La parola Rabiosa però ad un certo punto scompare, tanto che oggi è sistematicamente omessa dalle etichette di Google Maps.

Scopo di questa indagine narrativa è ricercare il perché di questa scomparsa. L’idea iniziale era quella di una ricerca prettamente storico-ambientale che avrebbe dovuto condurre alla stesura di un saggio. Una formazione trasversale come quella che avevo ereditato dalle Scienze Ambientali e l’esperienza maturata nella valutazione degli impatti delle attività industriali a Porto Marghera mi avevano persuaso di avere adeguati strumenti per condurre questo tipo di indagine. Del resto, le bonifiche del Cinquecento e dell’Ottocento, l’ urbanizzazione che ha reso il Veneto un’area metropolitana diffusa, l’inquinamento prodotto dal distretto conciario di Chiampo e Arzignano che aveva ridotto la Rabiosa a una tomba, erano state senz’altro le cause di una lenta e inesorabile perdita di identità da parte del fiume. Ero convinto che avrei senz’altro saputo tecnicamente esplorarle.

Nella foto: La Rabiosa in una carta del 1568 di Domenico de Rossi (da: I Colli Euganei; Parco Regionale dei Colli Euganei, pp. 254-255).

Tuttavia, mano a mano che il materiale da me raccolto si infittiva di studi, di libri, di cartografie, di relazioni sull’impatto generato dall’industria conciaria sulla qualità delle acque, di dati relativi ai monitoraggi ambientali sulla Rabiosa e delle informazioni raccolte nel corso di numerose interviste (essendo le fonti orali da me considerate alla stregua di altre preziosissime fonti) ho avuto l’impressione che un saggio non avrebbe potuto bastare.

La rilettura di un articolo, The framing wars, pubblicato il 17 Luglio 2005 sul The New York Times Magazine [3] Matt Bai “The framing wars” – The New York Times Magazine, 17 Luglio 2005. Tradotto in Italiano su Internazionale del 24 Febbraio 2006, n. 630] e un viaggio nel 2009 in Madagascar, sono stati infine gli stimoli decisivi che mi hanno indotto a un cambio di rotta nei miei propositi e a far sì che mi decidessi a inserire nel testo un tessuto narrante che prima mancava.

La teoria del framing è stata elaborata da George Lakoff, professore di linguistica e scienze cognitive a Berkeley e spiega che la natura del linguaggio – come lo usiamo e perché è così persuasivo – è collegata al funzionamento della mente e al modo con cui certe parole rafforzano la cornice in cui è inserita una determinata visione del mondo.

Mentre scrivevo le mie prime bozze di quello che doveva essere un saggio, mi ero accorto di quanto fosse stato pregnante, sin dal Cinquecento, l’uso della parola in-culti. Era l’appellativo con cui venivano indicate le zone in cui laRabiosa aveva naturalmente il suo libero sfogo. Luoghi paludosi, acquitrinosi, dominati dalle libere acque. La Repubblica Serenissima aveva istituito per i luoghi in-culti un’apposita Magistratura che aveva il compito di provvedere ad una loro radicale trasformazione, consistente fondamentalmente nel prosciugamento delle terre, nella sottrazione delle acque e nella conversione dei luoghi in-culti a luoghi finalmente c(u)ltivabili, da cui trarre ovviamente profitto.

Nella foto: La Rabiosa in una carta del XVI secolo – anonimo (da: I Colli Euganei, op. cit., pp. 256 -257).

Era in questa dinamica – mi resi conto – nella lotta ai luoghi in-culti cioè, che andava ricercata la ragione della progressiva scomparsa della parola Rabiosa. Ed era sempre attraverso la lotta ai luoghi in-culti (una lotta semantica, innanzitutto) che da cinquecento anni in Veneto si era andata rafforzando quella visione del mondo per cui i luoghi in-culti devono essere inequivocabilmente sfruttati.

Il viaggio in Madagascar, la terra del fady, l’idea cioè per cui i luoghi in-culti sono sede della selvatichezza ma anche il posto in cui sono ospitati gli spiriti degli antenati e perciò luoghi che non devono neppure idealmente essere toccati (“il culto dei luoghi in-culti” – verrebbe da dire) non poteva che esasperare dentro di me la necessità di invertire questa tendenza che era stata alla base di una costrizione delle acque che durava da mezzo millennio.

Nino Franzin, protagonista di quella che mi sento di definire un’indagine narrativa con la quale alla fine ho più opportunamente perseguito l’obiettivo di questo progetto, si inoltra perciò in una nuova e più avventurosa ricerca che investe la “topografia culturale” nel suo complesso.

E’ un personaggio che pur appartenendo a tale topografia, trova ad un certo punto la forza di uscirne, di guardarla da fuori, di provare a ridisegnarla ex novo. La ricerca dei luoghi in-culti, la ricerca dei luoghi in-culti in senso lato cioè, diventa per lui un percorso obbligato attraverso il quale allargare una determinata e consolidata visione del mondo.

La sua è perciò una quotidiana battaglia semantica – la sua framing war appunto – contro le narrazioni che fanno salire o scendere la percezione della realtà in un’altalena di significati di volta in volta sfruttati per esercitare persuasione e controllo. Una battaglia che investe lo spazio pubblico e quello privato, la dimensione politica e quella domestica, il contesto lavorativo e quello affettivo.

L’indagine narrativa ha richiesto un periodo di raccolta e elaborazione dati durato circa dieci anni.

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BIBLIOGRAFIA

Al link: https://cultodeiluoghinculti.weebly.com/bibliografia.html , l’autore del libro dice che, “per esigenze di spazio, nel libro non è stato possibile riportare per esteso l’elenco delle fonti bibliografiche utilizzate, che pertanto viene indicato in maniera completa qui a seguire”.

Per la storia del territorio le fonti utilizzate sono state le seguenti: 

* Gruppo Bassa Padovana, Terra acque uomini in Bassa Padovana. Appunti per una esplorazione d’ambiente. Quaderno n. 5; Grafiche Dielle, 1982.

* Gruppo Bassa Padovana, Introduzione storica alla lettura della Carta Catastale del Retratto del Gorzon. Itinerari e documenti per una storia della Bassa Padovana. Quaderno n. 7; Grafiche Dielle, 1986.

* Mauro Vigato, Il monastero di S. Maria delle Carceri, i comuni di Gazzo e Vighizzolo, la comunità atestina. Trasformazioni ambientali e dinamiche socio-economiche in un’area del basso Padovano tra medioevo ed età moderna; Cierre Grafica, 1998.

* Chiara Maratini e Mauro Vigato, Uomini, terre ed acque. L’evoluzione del territorio fra l’Adige ed i colli Euganei dalla Protostoria all’età moderna; Società Gabinetto di Lettura di Este. Quaderni di Terra d’Este/2; Grafica Atestina, 2014. 

Un preziosissimo contributo alla lettura della Carta del Retratto del Gorzon conservata al Museo Civico Etnografico di Stanghella è stato fornito dal prof. Camillo Corain e dal dott. Andrea Fasson. Stefano Baccini, Mauro Vigato e, in particolare, il gentilissimo Giandaniele Pauletto sono stati invece guide preziose nell’esplorazione delle carte conservate presso l’archivio storico di Montagnana. 

Per un inquadramento dell’attività di bonifica in Bassa Padovana, si veda: Atlante storico della Bassa Padovana. L’Ottocento; a cura di Francesco Selmin; Cierre Edizioni, 2013, in particolare alle pp. 137-148 (Acque e macchine: la bonifica nell’Ottocento, di Cristina Morandi). 

I dati relativi alle potenze e alle portate degli stabilimenti idrovori citati nel libro sono estratti dal volume del Consorzio di Bonifica e di Irrigazione Vampadore, Studi e Monografie in occasione del centenario di fondazione 1870-1970; Tip. Antoniana, 1971. Preme sottolineare che si tratta di dati fedelmente riportati da questo volume, pertanto non riferibili ad aggiornamenti e implementazioni alle potenze delle macchine idrovore eventualmente intervenuti in data successiva al 1970. 

Per la ricostruzione della storia produttiva del distretto conciario sono stati presi a riferimento i seguenti lavori:

* Belussi F. e Sedita S.R., L’evoluzione del modello distrettuale: la “delocalizzazione inversa” e il caso del distretto della concia di Arzignano; Economia e Politica Industriale, vol. 2, 2008,pp. 51-72.

* Banca Intesa-Servizio Studi e Ricerche, Studi sui distretti industriali. Il distretto della concia di Arzignano. Aggiornamento; aprile 2006.

* Fabio Giuseppe Andrioli, Il distretto della concia di Arzignano. Tesi del master in impresa e innovazione tecnologica, Università degli Studi di Camerino, a. a. 2007-2008.

* Regione Veneto, Patto per lo sviluppo del distretto vicentino della concia – Rif. Legge Regionale 4 aprile 2003, n. 8 , presentato alla CCIAA di Vicenza e alla Provincia di Vicenza il 1° marzo 2004. 

Per quanto riguarda i dati tecnici relativi alle capacità di depurazione degli impianti di trattamento dei reflui conciari, sono stati presi a riferimento principalmente due documenti, entrambi inseriti nel dossier consegnato alla prima riunione dei Sindaci dei comuni rivieraschi, tenutasi l’8 marzo 2002 presso il comune di Cologna Veneta, in merito all’inquinamento del bacino Fratta-Gorzone: 

* Memoria del prof. Gianni Tamino del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, Effetti ambientali dello scarico del collettore di trasferimento dei depuratori della Valle del Chiampo (primo tratto) e valutazione dei rischi ambientali conseguenti al completamento del collettore;

* Parere del prof. Gianni Tamino del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e del prof. ing. Gianfranco Liberatore del Dipartimento di Costruzioni Idrauliche, Marittime e Idrologia dell’Università di Udine in merito all’assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale del prolungamento del collettore da Lonigo a Cologna Veneta.  

Le considerazioni relative allo stato della qualità delle acque del bacino della Rabiosa sono basate sulle seguenti relazioni e rapporti di monitoraggio: 

* ARPAV–Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto – Osservatorio Regionale Acque, Qualità dei corsi d’acqua nel Veneto. Anno 2000. 

* ARPAV–Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto – Osservatorio Regionale Acque, Relazione sulla qualità delle acque del fiume Fratta-Gorzone. Anno 2000.

* Chioggia sentinella dei fiumi. La qualità delle acque tra Adige, Bacchiglione e Brenta, a cura di Federica Boscolo Bibi e Pier Giorgio Tiozzo, quaderno dei materiali dell’omonimo convegno organizzato dalla Città di Chioggia il 22 febbraio 2002. 

Rapporto ARPAV delle attività 2012 relative al progetto di monitoraggio ambientale (di cui all’art. 13 dell’Accordo di programma quadro tutela delle acque e gestione integrata delle risorse idriche – Accordo integrativo per la tutela delle risorse idriche del bacino del Fratta-Gorzone attraverso l’implementazione di nuove tecnologie nei cicli produttivi, nella depurazione e nel trattamento fanghi del distretto conciario vicentino). 

* ARPAV, Stato ecologico e stato chimico dei corpi idrici (corsi d’acqua e laghi) della Regione Veneto per il triennio 2010-2011-2012. Tavola A, Settembre 2013. 

Immensa è la quantità di articoli prodotti negli anni dai quotidiani locali sull’inquinamento del Fratta-Gorzone e sulla questione Tubo. Una quantità raccolta in una fittissima rassegna stampa premurosamente aggiornata dalle amministrazioni comunali che nel 2002 trainarono l’opposizione alla realizzazione del Tubo: quella di Cologna Veneta (in particolare con gli allora sindaco Damiano Vedovato e consigliere Stefano Brun) e quella di Chioggia (con l’assessore all’ambiente Piergiorgio Tiozzo e Fabrizio Boscolo). I titoli dei quotidiani citati nel capitolo relativo alla realizzazione del Tubo sono ripresi in particolare dai seguenti articoli: 

* Inquinamento del Fratta-Gorzone. Gli agricoltori si sentono presi in giro; Il Mattino di Padova, 4 novembre 2001. 

Già da un mese la Togna è piena di liquami. «Patti violati». I sindaci danno ricorso al TAR contro gli scarichi da Vicenza: L’Arena, 11 luglio 2000. 

E ora i sindaci si ribellano. Durissime reazioni a Merlara, Castelbaldo e Urbana. «Legge violata per anni, ora qualcuno deve pagare»; Il Mattino di Padova, 3 novembre 2001. 

Altrettanto fitta è l’espressione della stampa sulla mobilitazione civile sviluppatasi attorno alla questione “Tubo”:

Sindaci, rappresentanti di Legambiente e associazioni di categoria compatti sulla decisione. Nasce il Parlamento del Fiume. Una consulta territoriale per difendere il Fratta-Gorzone: Il Mattino di Padova, 24 marzo 2002.

I sindaci a difesa del Fratta-Gorzone. Un fronte comune per contrastare l’inquinamento; Il Gazzettino, 3 aprile 2002.

Nasce il parlamentino del Fratta-Gorzone. I sindaci e le associazioni dei Comuni che si affacciano hanno dato vita a una consulta territoriale per evitare che quella che definiscono «una piccola Seveso» avveleni la vita dei cittadini di ben tre province; L’Arena, 27 marzo 2002. 

Firmata la Carta di Chioggia per la salvaguardia dei fiumi. «Chi inquina dovrà pagare». Accordo per la qualità delle acque: livello buono entro il 2016; La Nuova Venezia, 3 marzo 2002. 

Sulle proposte di delocalizzare sempre più a valle gli scarichi del distretto conciario si veda:

L’assessore provinciale vorrebbe spostare in un’area marina la lavorazione delle pelli. «Trasferiamo le concerie per salvare il Fratta»; Il Mattino di Padova, 6 aprile 2002. 

Sulla perdita di suolo causata dalla cementificazione innumerevoli sono i dossier redatti da associazioni ambientaliste e, anche recentemente, da organismi governativi. Un’ottima sintesi è tuttavia quella fornita dall’inchiesta di Gabriele Salari, dalla quale sono stati estratto i relativi dati: Così stanno uccidendo l’Italia agricola. Quei 600 mila ettari rubati dal cemento; La Repubblica, 17 agosto 2012. 

Per quanto riguarda l’esplorazione dei Monti Euganei e del motivo per cui sia opportuno chiamarli “Monti” e non “Colli”, si veda l’articolo: Euganei, azzurre isole di terraferma, nella rivista Con i piedi per terra, n. 2, dicembre 2013, pp. 6-8. 

Sul fady malgascio cui si fa riferimento nel capitolo relativo al Madagascar si veda l’articolo di Nicoletta Salvatori,Tante genti, un solo credo. Antenato è bello, pp. 82-93 di Airone-Madagascar, supplemento al n. 83 della rivista Airone, 1988. 

Fitta è anche la rassegna stampa sull’alluvione nella Bassa Padovana del 1° novembre 2010. La rotta del Frassine di cui si parla nell’ultimo capitolo e l’aneddoto delle anatre che galleggiano all’altezza dei davanzali sui cortili a Prà di Botte è tratto dall’articolo Due anni dopo l’alluvione: tre rotte, un unico dramma. Il primo a rompere gli argini fu il Frassine a Prà di Botte, poi toccò al Bacchiglione a Roncajette, quindi il disastro del Tesina a Veggiano. La magistratura ora indaga sulle responsabilità; Il Mattino di Padova, 1° novembre 2012. 

Per quanto riguarda le notazioni scientifiche agli uccelli, il riferimento è al manuale di Peterson/Mountfort/Hollom,Guida degli uccelli d’Europa. Atlante illustrato a colori; Franco Muzzio Editore, 1988. 

Per una panoramica sulle tecniche di pesca si veda: La caccia e la pesca nelle valli di Megliadino; Scuola Media Statale di Megliadino San Vitale, anno scolastico 2000-2001, ricerca svolta dagli studenti della classe II coordinati dallo stimatissimo professor Carlo Pezzin. 

Principali fonti orali tra le tante persone intervistate, a cui mi sono liberamente ispirato, sono: Emo Zaglia, per quanto riguarda la storia del fiume, e Anita Filippi e Stefano Pesavento, per quanto riguarda le esperienze di esproprio per i cantieri della Valdastico Sud.

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