Visite alla chiesa di Coi e conseguenti riflessioni

L’estate è un’occasione propizia per noi preti di località turistiche per incontrare persone con una formazione culturale diversa dalla nostra.

Pochi giorni fa, ad esempio, sono giunti a Coi in visita alla chiesetta quattro anglicani. Erano accompagnati da un loro amico, che ha una seconda casa in Val di Zoldo. Entrati in chiesa, pur da visitatori, per prima cosa si sono inginocchiati tutti nel banchi, cosa che i fedeli cattolici modernisti non fanno quasi più!, e hanno pregato in silenzio per circa tre minuti. Poi hanno iniziato la visita alle semplici ma piacevoli opere d’arte della chiesa, sempre parlando sottovoce e il minimo necessario. Sono rimasti quasi scandalizzati dal fatto che li abbia invitati ad avvicinarsi all’altare maggiore, per vederlo meglio, e m’hanno spiegato che, nelle loro chiese, all’area del presbiterio (ossia quella attorno all’altare) possono accedere solo i sacerdoti, i consacrati e gli incaricati di qualche servizio (chierichetti, lettori, sagrestani…), e nessun’altro. Sono rimasti molto stupiti, poi, nell’apprendere che la cappella era stata costruita su un’area cimiteriale e non vi fosse alcun segno permanente (ad esempio una croce) all’esterno della chiesa, che ricordasse ciò, invitando a pregare per i defunti. E potrei raccontare di molte altre osservazioni.

In definitiva, ho dovuto riconoscere che, con il concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è allontanata dalle sue stesse, giuste e antiche tradizioni, mentre loro, anglicani, continuano a seguirle, conferma ulteriore e inattesa di quanto come cattolici siamo andati fuori strada!

Sto facendo pure, in quest’estate, un’esperienza opposta e per me nuova: l’arrivo di visitatori che si dichiarano esplicitamente atei o massoni, quindi credenti genericamente in un Dio architetto dell’universo ma orgogliosamente neutri di fronte ad ogni appartenenza religiosa. Sono per me situazioni piuttosto imbarazzanti, sulle quali dovrò riflettere, per non agevolare persone simili, che vorrebbero che le chiese fossero dei semplici contenitori d’arte.

Una di esse, riferendosi ad un crocefisso, ha detto: «Tutto bello, ma quell’uomo in croce è una sconcezza!». Testuali parole.

Un’altra persona si è rifiutata di prendere dei foglietti con preghiere, offerte gratuitamente come ricordo, e ha detto: «Per me la preghiera è una cosa solo spirituale e le parole scritte sono materia». Parole che m’hanno lasciato molto sorpreso, perché quel tale s’era presentato non come un ateo, ma come un laico con impegni di responsabilità in un organismo del Vaticano. «Per forza che le cose vanno male», dicevo tra me e me, ascoltando; «se in Vaticano ci sono persone che (s)ragionano così e si rifiutano di pregare, è proprio vero che i nemici della Chiesa si sono infiltrati fin nel suo grembo e nei suoi centri nevralgici».

Questo laico m’aveva detto esattamente in che posto lavora; in questo è stato sincero, amichevole e fiducioso nel mio silenzio, che infatti rispetterò sino in fondo, senza con questo sentirmi libero dal dovere di segnalare l’accaduto. Ma a chi? Ai fedeli? Va bene. Va bene. Se, però, in Vaticano, persone così sono protette, non servirà a nulla o quasi; è solo allontanando persone tali che la Chiesa potrebbe riprendersi.  

Don Floriano Pellegrini

Nella foto: La chiesa di Coi quando ancora era in un magnifico isolamento (come è stato possibile non preservarlo?).

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Una risposta a “Visite alla chiesa di Coi e conseguenti riflessioni”

  1. Carissimo don Floriano,
    condivido pienamente le tue parole riguardanti il Concilio Vaticano II.
    La Chiesa Cattolica, come si usa ancora chiamarla, rifiutando le proprie tradizioni si è allontanata da sé stessa.
    Quante volte, ad esempio, in Val di Zoldo negli ultimi tempi abbiamo celebrato un’Adorazione Eucaristica? Eppure essa era molto cara persino all’Aquinate! Quanti dei suoi canti (Adoro Te, devote. O Sacrum Convivium, O Salutaris Ostia, per non parlare del tradotto Pange Lingua), in melodia definita gregoriana, sono andati fuori uso, se non dimenticati!
    Con la riforma liturgica abbiamo perso troppo della nostra cultura, della nostra tradizione; e molto è stato perso anche con le precedenti riforme, a partire da Trento. Io faccio risalire al concilio di Trento la perdita numerica di vocazioni sacerdotali nelle nostre Terre europee. Per fortuna, numerosi giovani che sono intenzionati a prendere le sacre vesti (a proposito: quanti preti vediamo in giro in veste talare? Troppo pochi!) e non sono figli del CVII, non l’hanno voluto e non l’hanno vissuto, sono affascinati dalla tradizione della Chiesa e mi danno speranza per la nostra Vita Cattolica quotidiana.
    Gli Anglicani, invece, hanno mantenuto intatta la loro “traditio liturgica”; per convincersene, basta andare a vedere come si svolge un ingresso dell’arcivescovo di Canterbury o l’incoronazione della regina Elisabetta II; sono cerimonie solenni, piene di simboli e rituali, che non assomigliano per nulla hanno all’ingresso dei nostri vescovi in cattedrale.
    Speriamo bene nel futuro. Mandi!

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