Luciani, il catechismo e la tradizione pastorale veneta

Nella foto: Papà catechista. La Chiesa ha sempre insegnato che i primi catechisti, sia in ordine di tempo che per diritto e responsabilità di natura (cioè voluta da Dio), sono i genitori. Essi sono i padri e le madri anche spirituali dei loro figli, che educano e formano ad essere figli della Chiesa, nella quale li riceveranno in dono da Dio come fratelli e sorelle. E una delle grandi forme di catechesi è sempre stata il canto, da noi soprattutto patriarchino, cioè della gloriosa catechesi di Aquileia.

Si sa che Albino Luciani nutriva e insegnava la stima del catechismo, tanto che in una lettera di «Illustrissimi» si presenta come vescovo caratterizzato dalla passione catechistica. E’ meno noto, invece, che in questo sentimento egli rappresentava l’anima dell’episcopato veneto già di fine Ottocento e la più genuina impostazione pastorale delle parrocchie da lui conosciute nell’infanzia.

Per averne una prova, fra le altre, basta leggere la lettera indirizzata ai sacerdoti dal patriarca di Venezia e dagli altri vescovi del Veneto e Friuli, il giorno di San Marco del 1895.

Le prime disposizioni riguardano proprio la predicazione e la catechesi.

Della predicazione afferma: «Raccomandiamo a tutti la forma piana e popolare del dire… noi siamo debitori ai sapienti ed agli ignoranti, la parola di Dio dev’essere intesa da tutti… sia semplice e popolare la vostra eloquenza…». Del catechismo si dice che «deve formare l’oggetto precipuo della predicazione, umile se volete e modesta, ma una delle più rilevanti ed onorevoli mansioni del ministero pastorale, e che suol dare dei frutti ben più copiosi che non le prediche solenni».

Per raggiungere questa facilità di comunicazione, i sacerdoti erano invitati ad attendere alla cura della loro vita spirituale con la meditazione quotidiana, «essendo impossibile mantenerci santi anche fra le tante occupazioni spirituali», la confessione al più ogni quindici giorni, gli esercizi spirituali annuali e una coerente condotta di vita.

Poi la lettera torna a parlare del catechismo, col dire: «Ameremmo che in tutte le Parrocchie fosse osservata la regola di S. Carlo Borromeo, il quale stabiliva che una mezz’ora si impiegasse nell’insegnamento del testo, una mezz’ora nelle interrogazioni ai fanciulli, e una mezz’ora nella istruzione agli adulti». Ribadisce, quindi, la necessità che i predicatori siano retti e competenti e raccomanda, infine, di costituire in ogni parrocchia appositi Comitati, in modo che i laici siano permanentemente coinvolti in quello che oggi, con un termine moderno ma che non dice la stessa cosa nella sostanza, è definito «primo annuncio» della vita cristiana.

La coincidenza con l’impostazione spirituale e pastorale di Luciani è totale. Per non dire che la stessa impostazione pastorale dell’episcopato veneto e friulano di fine Ottocento risulta essere stata quanto mai all’avanguardia.

Don Floriano Pellegrini

[Articolo del 22 novembre 2006, ripubblicato il 27 luglio 2012, come n. 652 dei «Comunicati del Libero Maso de I Coi»]

Nella foto: La valle di Gares, che inizia a Canale d’Agordo

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