ROSSI, 1971, Armi e armaioli bresciani del ‘400

Il soldato, una celle celebri illustrazioni del libro di Cesare Vecellio

Nel 1972 è stato edito a Brescia, quale «Supplemento ai Commentari dell’Ateneo di Brescia – per l’anno 1971», un pregevole studio avente il titolo da noi qui ripreso.

Segnalato gentilmente dal dott. Pietro Monego, il libro è qui messo a disposizione in PDF, apribile al link:  ROSSI, 1971, Armi e armaioli bresciani del ‘400  – 

Questa la Presentazione di Gaetano Panazza

Il lavoro del dott. Francesco Rossi, Ispettore ai Civici Musei di Brescia, che sono lieto di presentare è il frutto di accurate ricerche in alcuni archivi pubblici bresciani, intese ad ampliare le nostre scarse conoscenze su una delle attività più importanti della gente bresciana nel corso dei secoli. Il nome di Brescia si identifica per molti nella produzione delle armi, favorita dalla ricchezza e dalla bontà del ferro delle sue miniere; ma questa nozione comune non aveva basi documentarie, solide ed approfondite: se più evidente e sicura era la produzione delle armi da fuoco, che aveva avuto nei Corninazzo, nei Chinelli, nei Franzini, nei Bailo intere dinastie di armaioli, noti attraverso documenti e per opere firmate e soprattutto per la tradizione che li esaltava, nel campo delle armi bianche e delle armature – per i secoli XV e XVI – si navigava nel buio più completo.

Le benemerite ricerche di archivio di Cesare Quarenghi, di Guido Lonati, di Romolo Putelli e di Paolo Guerrini lasciavano sperare in una ulteriore ricca messe di dati dalla prosecuzione dell’esame delle antiche carte; soltanto da pochi anni i lavori di Bruno Thomas, di Ortwin Gamber, del gen. Gaibi, di Nolfo di Carpegna avevano dato una impostazione critica alla difficile materia, mostrando tuttavia come le pur preziose notizie documentarie non trovavano il loro logico coronamento nello studio scientifico del materiale, di modo che per il ‘400 e il ‘500 la produzione bresciana, rispetto a quella milanese e straniera, era ancora tutta da scoprire.

Di qui le accurate ricerche condotte, secondo un piano coordinato, dal Di Carpegna, dal Rossi e dal Gaibi, ricerche che si affiancano da un lato al lavoro di restauro e di sistemazione del Museo delle Armi «L. Marzoli» e che dall’altro lo arricchiranno di schedari che costituiranno, si spera, la base per un ulteriore approfondito studio. Le ricerche, condotte presso l’Archivio Storico Civico, l’Archivio di Stato e quello Diocesano, hanno portato il Rossi a riconoscere ben 174 tra armaroli, magliaroli, maestri di scudi, maestri di morsi speroni e staffe, balestrieri, spadari, lanzari, maestri di bombarde, attivi nel solo sec. XV.

Si sono così messi ben in evidenza i rapporti di dipendenza prima e poi di vigorosa concorrenza con la produzione milanese, si sono ricostruite alcune personalità o famiglie di armaroli di primo piano come Ambrogio de Osm, i Vimercati, i Da Castello, i Ferrari, i Lecco, e infine si è riconosciuta la paternità di alcuni pezzi notevoli nei Musei e nelle più famose collezioni, con l’attribuzione a questi nostri maestri.

Naturalmente questo è un primo contributo: molte altre ricerche sono da compiere negli Archivi di Milano, di Venezia, di Verona e di Mantova, e negli stessi Archivi bresciani, per ampliare il quadro della produzione bresciana, per ritrovare se anche a Brescia, prima del ‘400, vi era una produzione di armi, fino ad ora non nota ma ipotizzabile perché una cosi larga attività nel secolo XV non è del tutto spiegabile senza una precedente tradizione, sia per l’esistenza nel nostro territorio, già dai tempi antichi, dell’ottima materia prima.

Nella foto: Illustrazione di un pover’uomo cui è stato rubato un cavallo, durante un viaggio; è tratta da Voyage sentimental en France et en Italie, di Laurence Sterne.

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