Si avvicina un fratello di sventura,
un moderno Prometeo in erba,
l’occhio rifugge l’aspetto pietoso dei suoi cenci,
che non è facile da mandar giù;
lo segue un puzzo leggero;
non è un turista qualsiasi,
con la guida in mano.
«Non è here il tuo posto!»,
vorrei gridargli, povero fratello
che non cerca indicazioni;
«scusa, ma il tuo posto non è qui,
nel parco, al riparo di un albero secolare,
sotto uno smorto cielo di madreperla;
un cielo qualsiasi ti accoglierebbe
a braccia aperte, ma non qui,
dove i bambini corrono
e le ragazze s’innamorano;
tu cerchi solo un bagno per i tuoi bisogni,
ma quello chimico è guasto
e c’è una merda in bella esposizione».
Storce il naso e se ne va, il fratello qualsiasi,
passante d’un pomeriggio d’ottobre.
«In comune io e te forse non abbiamo
né gli anni né il colore dei capelli!»
Milano, città ingrata verso i suoi figli,
una meretrice qualsiasi
non assomiglierebbe di più ad una madre!
«Caro fratello anonimo,
anche tu ai miei occhi
sei uguale a centinaia d’altri
che incontro per strada,
persi nei loro destini
d’inferno quotidiano».
Milano, 6 ottobre 2018
Cristiano Tresoldi
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