Notizie del per. min. Sante Iral sul forno fusorio di Sgrafedera

Fotografia scattata a Coi il 30 settembre 2018 alle ore 17.45. La cima del monte Ponta riceve gli ultimi raggi del sole.

Grazie, don Floriano, delle precisazioni e delle specificazioni in merito ai beni del forno fusorio di Scarfedera, località oggi detta Sgrafedera. Sarebbe indispensabile poter giungere a disporre di altri documenti, sia per definire bene le aree di sua pertinenza, sia per comprendere meglio  il documento dell’affitto del monte Punta del 1494, nel quale compare che gli abitanti di Iral, rispetto a quelli di Brusadaz e Costa, avevano dei diritti limitati su detto monte.

Per quanto riguarda Fusine e la sua dote di beni regolieri, dalla terminazione della Regola di Dont del 15 aprile 1622, risulta che possiede solo il territorio di Sgrafedera e, tra l’altro, anche questo in comunione con le Regola di Goima per Villa e la Regola di Dont. Tale territorio ha questi confini: «A mattina acqua del Maè, a mezzodì pradi del Sessa cioè il maso di Cercenà, a sera ancora pradi del Sessa e Monte di Lavazzo [=Lavazzè di Cercenà] e a settentrion Costa di Gaonaz», con dimensioni in altezza di mezzo miglio, cioè 870 metri, e di larghezza di 200 passi, cioè 350 metri, per un totale di circa 30 ettari.

Poi, nel 1664, Fusine acquisterà la montagna Perseghina e nel 1700 sarà ammessa a godere la proprietà collettiva con le Regole di Pecol, Mareson e la vicinia di Pianaz.

La località di Sgrafedera è ber riportata nel disegno del 1792 del perito Tison di Belluno, disegno ora posto, in un riquadro, nel municipio di Fusine, nell’atrio del primo piano; in tale disegno sono riportati tutti i toponimi antichi.

Nella località di Sgrafedera il catasto Austro-Italiano indica che c’era una piccola area, interclusa, di proprietà della famiglia Scarzanella di Fusine, area che nel corso del Novecento è stata permutata con alcuni terreni comunali siti a Fusine.

Ho provato a ispezionare la zona, alla ricerca di qualche resto di costruzioni antiche, ma non ho notato niente di interessante. Forse gli edifici del forno erano vicini al torrente Maè e sono stati cancellati dalle alluvioni. Sarebbe necessario conoscere esattamente il luogo del ritrovamento nel greto del Maè, da parte di Nicolò Zalivani, del massello di ghisa da 180 chilogrammi, perché il forno non poteva essere distante da lì.

Sante Iral

Fotografia scattata a Coi il 30 settembre 2018. Da sinistra a destra: le cime del Col Duro, del Col Negre e del monte Ponta (in italiano Punta). Erano le ore 17.52 e il sole ormai le aveva abbandonate.

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